Trovare un tozzo di tempo per fare qualche kill a Warzone, è un’esigenza fisiologica che in tempi di COVID – 19, se possibile, in me si è acuita ancor di più.
Non so se sia qualche scoria di adolescenza rimasta in circolo nel mio organismo o se sia una dipendenza spirituale che, diventando adulto, non ho mai sanato, ma così è.
Fin dai tempi dei coin op arcades, i giochi da bar, prima dell’avvento delle fetide macchine per il gioco d’azzardo, si è formato il mio ragazzo “da consolle”, il quale diventato imprenditore della comunicazione ha iniziato ad osservare il fenomeno gioco e video gioco con un’attenzione diversa, forse più matura, almeno fino a che un maledetto cheater non ti centra da distanza impossibile senza neppure mirare e allora la maturità diventa imprecazioni e maledizioni, ma di questo parleremo in un prossimo articolo dedicato all’autocontrollo.
Dicevo, il mercato del gioco ma soprattutto del videogioco ha catturato la mia attenzione, ma prima della mia, quella del fior fiore del marketing mondiale, che si è reso conto che utilizzato correttamente il gioco è un veicolo di promozione potentissimo.
È un mondo nel quale si accalcano milioni di utenti, generazione dopo generazione, Millennial, X, Y, Z ovvero coloro che ciclicamente diventano gli opinion leader dei mercati e l’oggetto del desiderio dei brand mondiali.
Oggi se un’azienda con un prodotto da lanciare incontra un’adolescente con un joypad in mano, quella con il prodotto è un’azienda felice.
Ma le potenzialità sono veramente infinite, difronte a una platea tanto ampia si può proporre veramente di tutto.
Tra le attività possibili io ho sposato, per adesso, la divulgazione culturale, ovvero “metti in mano un museo ad un adolescente e non lo lascerà più!”
Negli ultimi tre anni, accanto al partner SjmTech, mi sono occupato di “viaggi nel tempo”.
Grazie alla tecnologia creata per la produzione dei videogiochi, abbiamo reso possibile indossando un visore 3D, passeggiare in prima persona sopra una via romana o vivere l’approccio alla costa a bordo di una nave punica.
Una nuova modalità di divulgazione culturale, terribilmente coinvolgente, che può rendere l’universo del patrimonio culturale dell’umanità, “POP”, alla portata di tutti.
Una intuizione dei nostri partner, che con i loro manufatti hanno creato incredibili strumenti di promozione, coinvolgenti, trasportabili e universali.
Insieme abbiamo creato un team di lavoro che ha coniugato la Tecnologia della realtà virtuale al marketing e alla comunicazione.
Ci siamo attivati sul territorio regionale, proponendo ai principali gestori del patrimonio storico archeologico, un modello di business che consiste nella realizzazione di un insieme di applicazioni in tecnologia VR, che ricostruiscono scientificamente le più importanti opere architettoniche dell’archeologia sarda, generando un sistema di “attrattività aumentata” soprattutto per i territori circostanti.
I siti, riproposti all’utente come si presentavano nel loro momento di massimo splendore, generano una nuova sintassi gestione/utilizzazione dell’area archeologica o del bene culturale: l’utente, diviene primo attore e, totalmente immerso nella fruizione dell’area, interagisce in prima persona con un semplice manufatto o addirittura con l’epoca che lo ha prodotto. Il coinvolgimento è totale.
Le possibilità di declinazione delle applicazioni sono innumerevoli: si spazia dall’intrattenimento, alla didattica, alla promozione fino all’accessibilità.
Una rivoluzione concettuale che pur senza toglierle autorevolezza o scientificità all’archeologia, la sdogana rendendola “per tutti”, desiderabile e condivisibile, mettendola in tasca a chiunque, facendole varcare gli oceani in un clic.
Anche i conseguenti benefici sono numerosissimi.
La fruizione virtuale si estende a tutti, senza barriere fisiche o anagrafiche, il “luogo” diventa brand territoriale e la diffusione dello stesso si fa virale, fattori questi, che generano un sostanzioso aumento della domanda e una ricaduta positiva sul PIL locale dei distretti archeologici.
Gioco e realtà virtuale sfatano l’abusato motto Tremontiano “Con la cultura non si mangia”; con la cultura si mangia eccome, e, se si fa sistema, la si gusta in tanti.
Popolare e Coinvolgente sono gli aggettivi della Cultura che diventa prodotto, lasciando le élite per diventare un bene di tutti, con buona pace dei conservatori che indossato un visore VR comprenderanno con stupore che esistono nuovi linguaggi di comunicazione utili a divulgare e promuove senza in alcun modo snaturare e mortificare l’eredità culturale.